Neve

Pareidolìa. È il fenomeno per il quale ci si convince di vedere volti, animali, oggetti, forme note, in oggetti che hanno invece una forma casuale. I bambini imparano il significato di questa parola stando sdraiati a pancia in su a interpretare le forme delle nuvole.

Io invece l’ho scoperto nell’inverno del 1944.

Mi trovavo al centro di una foresta di aceri, lontano dal mondo proprio come avevo scelto di essere, a fare il mio lavoro. L’unica compagnia era quella degli animali che cacciavano lontani da me, dei quali erano percepibili solo ululati e guaiti. Scese la sera mentre tornavo indietro verso la baita in cui alloggiavo. Camminai più spedito di quanto fosse necessario, per essere al chiuso prima che facesse completamente buio. Prese a nevicare. Il freddo che già mi lacerava i polmoni aumentava ad ogni respiro. I lupi non smettevano di cacciare e guaire.

Maledissi il mio mestiere e il giorno in cui l’avevo scelto. La nevicata si trasformò in bufera, il freddo mi aveva quasi congelato i guanti, la baita era ancora troppo lontana. Dovevo camminare controvento, tenendo gli occhi socchiusi per la forza delle folate gelide e con una mano sulla fronte. Mi sembrava di sentire i guaiti sempre più vicini, ma credo fosse colpa del buio che cominciava ad affogare la foresta. Facevo un passo ogni due-tre minuti. Quei latrati erano sempre più vicini.

Lì ho scoperto cosa fosse la pareidolìa, anche se ne scoprii il nome molti anni dopo. Ogni albero, ogni cespuglio e ogni ombra avevano corpo, denti e pelo da lupo. Il vento ululava alle mie orecchie e mi costringeva ad accelerare il passo, sentivo l’alito delle bestie a un passo dal mio collo. Ascoltavo il suono dei miei passi moltiplicarsi, ero convinto di sentire il loro trotto famelico. Dietro ogni angolo ce n’era uno, o questo credevo. Mi fermai al centro di una radura, presi in mano un bastone e lo sventolai come per picchiarli tutti, ma erano solo neve e vento. Svenni.

Mi risvegliai la mattina dopo dentro un letto, di fronte al camino della mia stanza nella baita. Pare che quando persi i sensi fossi praticamente arrivato .

Quella fu la prima volta in cui ebbi paura di morire e di morire solo, e qualcuno mi salvò.

Non ho mai saputo chi sia stato.