Venerdì 13 Marzo – Casa

(segue)

“Non capirò mai questo dannato tempo, quando accelera e quando sembra fermarsi. Non capirò il perché di questa strana malinconia ogni fine settimana, prima di prendere il pullman e rientrare a casa. Ho ben chiaro come siano finiti insieme Sara e Filippo, perché era normale che sarebbe accaduto. Sono una senza fantasia, è per questo che leggo un sacco. Mi sorprende sempre vedere piovigginare mentre mi avvio verso la stazione, e mi fa anche innervosire. Non mi capacito di come riesca a pesare così tanto un trolley con dentro la roba per due giorni soltanto. Avrò sempre in mente l’odore di questi sedili storti e strappati. Sempre.”

Così pensa Chiara, seduta a metà di un pullman blu che la riporterà a casa. Ascolta musica e sgranocchia un wafer.

“Stanotte potrò dormire nel mio letto.”

Un altro pensiero, uno solo, le spalanca un sorriso. Dentro ci sono tutti i viaggiatori del mondo, quando il loro viaggio finisce e la nostalgia si mischia al sollievo. Basta un pensiero.

“Certo che farsi il viaggio da soli comunque è pesante. Va bene la foga, ma non rientrare a casa pur di poter stare da soli per un finesettimana è da diciottenni. Quei due ci stupiranno, vedrai che si sposano e vanno a vivere in qualche isoletta nel bel mezzo dell’Oceano: lascia passare una decina d’anni e vedrai. Oddio, non ho proprio fantasia, sono la svalutazione dei clichè. Cosa aggiungerò, che apriranno un baretto sulla spiaggia?”

Quei due dormono stretti sul letto di lei. Anzi, lui dorme. Lei si fa abbracciare e tiene gli occhi spalancati per rivivere la sua ultima settimana. Sospira e muove il peso di due corpi, interrompendo il sonno di Filippo. Che in dormiveglia le dà un bacio sulla nuca. Sara chiude gli occhi e sorride.

– Sono le tre e mezza, direi che potremmo alzarci, non credi? Faccio il caffè.

– Arrivo.

Direte: sì, certo, arrivi. Ora stai lì a dormire e aspetti il caffè a letto.

Invece arriva. Attraversa l’andito, la vede attraverso il vetro della porta della cucina e si sente a casa, nonostante la collocazione geografica.

Marco, a decine di chilometri di distanza, disfa le valigie, apre gli scatoloni e allestisce la sua stanza. È stata la sua prima cameretta e ora la sente quasi estranea. Sente forte la necessità di ricominciare una vita nuova in un posto vecchio, teme la noia del suo piccolo paese, pensa ai suoi amici.

– Ho preparato le frittelle, vieni a mangiare?

– Arrivo ma’.

– Non sai quanto mi faccia stare male vederti così, figlio mio. Mi dispiace da morire, ma lo sai che non ce la facciamo.

– Non c’è bisogno che stia in pensiero, ma’. È pur sempre casa mia e sto comunque tornando a vivere con voi, non sei contenta?

Marco è buono, non solo profondamente intelligente.

“Ultimo bivio, ultima canzone. Non capirò mai come faccio ad essere malinconica prima di partire per tornare qui. A casa mia. Partire malinconica e arrivare felice, sempre. Che bellezza.”

È venerdì sera, ora di cena:

Chiara accarezza il suo gatto e ascolta le storie di suo nonno, le sembra di non essere mai andata via.

Marco ride delle barzellette oscene di suo zio invitato a cena, gli sembra di avere di nuovo diciassette anni.

Filippo è al tavolo di una pizzeria e guarda Sara negli occhi, gli sembra di essere a casa.

Sara arrossisce: – Smettila di fissarmi.

Inizia un fine settimana diverso.

(fine)