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Da tre anni a questa parte, Filippo ha il suo turno di pulizie la domenica pomeriggio. Era stato deciso così all’unanimità. Lui si era proposto per ogni domenica, senza esclusioni; ma non avrebbe mai dovuto lavare nient’altro, in nessun altro giorno della settimana.
– A parte i tuoi piatti, quelli li lavi tu.
– Certo, mi sembra ovvio. Però io pulisco la casa, bagno cucina e andito, le domeniche. Tutte le domeniche che trascorremo assieme in questa casa, e solo le domeniche.
– Per me va bene.
– Anche per me.
– Marco, per te?
– Per me va benissimo. E aggiungo: certo che è proprio una scelta stupida. Ma ormai, così é deciso e così rimane.
– Per me non è una scelta stupida, altrimenti non l’avrei proposta. Ti dico: questo è il secondo anno che trascorro lontano da casa. Non mi ricordo di una sola domenica divertente. Allora confido nella statistica: io passo i noiosissimi pomeriggi domenicali affaccendato a riordinare, e sono libero di poter dire sì a qualunque cosa mi venga proposta nei giorni infrasettimanali. E se ci steste ripensando: così é deciso e così rimane.
Filippo era così, un po’ sbruffone. Ma estremamente simpatico e buono, sensibile senza darlo a vedere. In tre anni non aveva saltato un turno di pulizie, non gli si poteva rimproverare nulla.
Anche oggi, dunque, pulizie.
L’approccio consisteva innanzitutto nel creare un clima favorevole: auricolari e musica a palla. Nell’ordine, prima si lava l’andito, poi la cucina, infine il bagno.
Lavare l’andito è semplice. Una passata di aspirapolvere e una di straccio. Solo a volte è necessario raccogliere qualche foglio promozionale di qualche supermercato, o un listino prezzi di qualche pizzeria.
La cucina richiede una preparazione più articolata. Disposizione delle sedie sul tavolo, sgrassatore sul piano cottura: e mentre questo fa effetto, bisogna spolverare i pensili, le mensole e il frigorifero. Filippo sta appunto spolverando una mensola, canticchia Jamiroquai. È la mensola vuota, quella sulla quale si poggiano gli accendini e gli apribottiglie. C’è un quaderno rosso, tenuto aperto da una penna inserita fra i fogli.
A questo punto è bene specificare che Filippo è estremamente curioso.
Apre il quaderno e riconosce la scrittura di Sara. In certi punti l’inchiostro è sbavato e la carta ondeggiata, è come se fossero segni di lacrime. In alto c’è la data di ieri, 7 Marzo.
Filippo avrebbe letto quel quaderno anche se fosse stato un ricettario. Non avrebbe mai resistito alla tentazione di leggere un diario.
“Sono le quattro e mezza, mi sono appena svegliata. Anche ieri, come al solito, una bellissima festa al parco. Come al solito, non mi ha degnato di uno sguardo. Come al solito mamma sta male, una visita anche la prossima settimana. Come al solito non so dove sbattere la testa e mi sento inutile, lontana da casa. Le darei almeno una mano per riordinare, e invece? Questo fine settimana me lo sono passato qui dicendo che avrei studiato, solo per sperare di riuscire a farmi notare da Filippo, che ovviamente stamattina ha chiamato Chiara, mica me. E le ha pure portato una rosa. E l’altra a Marco. Perché faccio sempre la scelta peggiore? Perché?”
– Filippo, hai visto il mio quad…
Poi è solo uno sguardo gonfio di lacrime e rabbia, un quaderno che cade dalle mani, una porta che sbatte e la goffaggine di uno “Scusa, non ti avevo sentito arrivare”.
(continua)