Accade di scoprirsi dentro certe paure con le quali sarai costretto a convivere per la vita. Sono lì da sempre, aspettano il momento giusto per stupirti.
Velasco Heredia Serrano s’imbatté nella sua paura una sera al luna park, avrà avuto otto anni o poco meno. Era la sua prima volta dentro un parco giochi: le luci intorno, le musiche, lo zucchero filato, i palloncini a elio, i pesci rossi nelle bustine. La bellezza del nuovo, quando lo incontri. Velasco passeggiava in mezzo alla folla, tenendo per mano i genitori, in silenzio come ogni bambino del mondo che rimane incantato. Entrò nella casa degli specchi, guidò nell’autoscontro e sparò al tiro a segno. A ogni attrazione cresceva l’entusiasmo, così che dopo un’ora abbondante trascorsa a passeggiare fra uno stand e l’altro, Velasco era euforico: rideva, correva e saltava in continuazione, proponendo ai genitori di provare tutte le attrazioni. Ma si era già fatto tardi e, come spesso capita, ottenne dai genitori una sola piccola concessione, ossia visitare un ultimo stand e poi rientrare a casa, con la promessa che l’indomani avrebbero completato il giro. Velasco non scelse subito. Rallentò e, mentre camminava, fissava con attenzione i giochi che ancora non aveva visitato.
Una voce registrata attirò la sua attenzione: si invitavano tutti, grandi e bambini, a fare un giro sulla ruota panoramica. La cosa non lo convinceva troppo, ma si disse: “Oggi salgo sulla ruota, magari mi piacerà. E se non dovesse piacermi, per domani mi rimarranno solo le cose divertenti.”
Saliamo sulla ruota panoramica?
Credi che ti piacerà?
Chi lo sa? Secondo me sì, mi piacerà.
Quindi salirono. Così come l’entusiasmo era cresciuto man mano che Velasco scopriva le bellezze del luna park, ad ogni metro che si aggiungeva fra il proprio seggiolino e il terreno, una paura folle e insensata sostituiva la gioia e la spensieratezza. L’ascesa sembrava infinita. Arrivò in cima terrorizzato, guardava giù senza riuscire a pensare a nulla, neppure a chiedere aiuto. Sua madre si accorse per prima di come stesse impallidendo e che teneva gli occhi chiusi e i denti serrati. Gli mise una mano sulla fronte e lo sentì freddo e madido di sudore: lui, sentendo la mano sulla fronte, prese a urlare fino a perdere i sensi. Rinvenne quando furono a terra: lui era sdraiato sull’asfalto, circondato da volti preoccupati e isterici. Appena riprese i sensi si girò su un fianco e vomitò. Di quella serata non ricorda nient’altro: né l’ambulanza, né il pianto della madre, né il commento del medico.
Signori, vostro figlio dormirà profondamente per tutta la notte a causa della stanchezza che ha accumulato durante la serata alle giostre. Ma non preoccupatevi, soffre solo di vertigini. Potete portarlo a casa, magari domani evitate di mandarlo a scuola.
La vita di una persona che soffre di vertigini scorre senza particolari problemi. Si tratta di un problema diffuso ed è relativamente facile da gestire. Velasco vive un’esistenza serena e sa evitare le situazioni che lo farebbero affogare nel panico. A ventott’anni, fidanzato, impegnato nel sociale, non pensa a quanto male potrebbe stare sulla cima di una montagna o a bordo di un aereo.
Eppure oggi, nel giorno del suo ventinovesimo compleanno, è a bordo di un aereo. È a bordo di un aereo non di linea. È a bordo di un aereo non di linea e indossa un casco. Un casco, una mimetica, una specie di zaino. Un paracadute.
Certe altre paure le nutriamo noi stessi. Nascono di nascosto, crescono lentamente e si rafforzano, si cibano di noi. Diventano talmente forti e talmente grandi da apparirci invincibili. Nel confronto, le fobie primigenie sono dei piccoli fastidi.
Sai, io soffro di vertigini. I medici mi hanno sempre detto che la mia è una forma rara, tutti i sintomi conosciuti si manifestano assieme ogni volta.
Non è che sia una cosa sicura, lo sai questo? Forse dovresti lasciar stare.
Forse dovrei lasciar stare, hai ragione.
Magari ti sdrai, ti rilassi e aspetti che atterriamo. È già tanto che non ti senta male ora, siamo a seicento metri di quota.
Sono imbottito di calmanti.
…
No, ma ora non posso rinunciare. Mi lancio e basta. Di vertigini non si muore.
E se ti sentissi male in volo? Così sì che si muore. Io non ti faccio lanciare, a costo di restare anch’io sull’aereo.
No no no. Fammi lanciare, ne ho bisogno.
È l’ultima fra tutte le cose di cui potresti avere bisogno!
Ti spiego perché sono qui. Non è poi così strano.
Prova, ma non sperare di convincermi.
Comincia non so bene quando. Una mattina, qualche mese fa, mi sveglio e ho paura di tutto. Non come quando sono in alto e guardo giù: che è un momento, basta scendere e finisce. O meglio ancora: scegli di non salire troppo in alto, ti metti un limite e sei salvo. Ci sei?
Mh.
Ecco, le vertigini sono la mia paura. Ci convivo da vent’anni e so che sono parte di me, non cerco un rimedio per eliminarle perché in fondo non mi danno grossi problemi. Ora è diverso. Ora mi muovo fra mostri enormi che sono fuori di me, che mi ostruiscono il passaggio urlandomi contro. Ogni gesto, ogni passo, è come compromesso. Non voglio vivere in un eterno incespicare.
Be’, certi problemi si risolvono. Ora, io non so di cosa stia parlando, ma c’è una soluzione a tutto. Avrai un amico con cui confidarti, no?
Mi è stato dato un consiglio da un uomo saggio e ho deciso di ascoltarlo. Mi ha detto che certi quadri si guardano da lontano, altrimenti non sono altro che un pasticcio di colori. Io ho pensato che non c’è posto più lontano del cielo, per guardare le cose. È tutto piccolo, le case, gli uomini, le montagne. Ho pensato che da quassù i mostri non sarebbero stati altro che insulsi insetti di cui non ha senso crucciarsi. Volevo vedere un bel quadro.
Di cos’è che hai paura, se posso?
Non è ben chiaro neppure a me. Ho paura di prendere certe decisioni, a volte di essere tradito o abbandonato; ho paura di deludere le persone a cui tengo, a volte di perderle; ho paura di non trovare mai un lavoro stabile e non potermi sposare, a volte di sposarmi; ho paura di morire soffocato, a volte di morire nel sonno. Ho paura di un sacco di cose, ogni giorno di una nuova. Eppure da qui sono davvero paure piccolissime, ora che ci penso.
Velasco Heredia Serrano si sporge dall’oblò e guarda la piccola geografia sottostante. Senza voltarsi, prosegue:
Secondo me è perché là sotto c’è tanta di quella roba, tante di quelle paure per ognuno di quei minuscoli puntini che sono gli uomini, che non è possibile riconoscere le mie.
Quel giorno Velasco si lanciò, e si fece un bel regalo di compleanno. Si lanciò da uomo e atterrò puntino. Ebbe paura, paura vera, per un minuto e mezzo. Poi toccò terra e sconfisse i mostri.
Non tutti sanno scegliere di cosa aver paura e quando averne paura. Alcune paure curano.