Elogio della lentezza

Gli alberi e le strade acquistano significato nel tempo che scorre.

Le strade iniziano come certe storie, in medias res. Ti ci ritrovi in mezzo e qualcosa è già accaduto, il resto lo farai accadere. Occorre conoscere la propria destinazione. Non la destinazione giusta, solo una delle tante possibili, che dia un verso al camminare. Una volta fatto il primo passo comincia il racconto, si sgranano passi come perle di una collana. Alla fine dell’andare si può rimirare la bellezza del gioiello, guardandolo nell’insieme.

Ma se ci si fermasse: una perla sola non fa un gioiello. Certo, si può essere fortunati e capitare con lo sguardo verso un buon panorama, non è mica un momento da buttar via. Allo stesso tempo, però, bisogna ammettere che camminare in equilibrio su una collana non è cosa facile. Si può rischiare di incepparsi nello spazio di filo fra una perla e l’altra: e lì non c’è spazio neppure per i pensieri, figuriamoci per i piedi. Per dirla come se fossimo per strada: ci s’incarta di fronte a un bivio, non si sa da che parte procedere, la destinazione finale non è più così allettante, di colpo. Sono momenti difficili. Allora, ponendosi il problema prima di iniziare a camminare, forse è bene riflettere sul da farsi.

Fermarsi spesso per riposare? Ci sono quei pezzetti di filo infami, magari ti fermi proprio lì, è un attimo perdersi e cadere giù, non sapere dove andare.

Procedere in fretta senza fermarsi? Be’, così di sicuro non ci si perde. Non ci sarebbe neppure il tempo di farlo. Nessun bivio su cui ragionare, nessun panorama da fotografare. Una bella collana, da tenere fra le mani per poco tempo, come se non ci appartenesse o fossimo troppo stanchi, non si sa bene perché, e non avessimo tempo di osservarla con attenzione.

Camminare cauti sperando di evitare i bivi complicati e inquisitori? Non esiste una strada che non si trasformi in un bivio, inutile sperare nel contrario. Allora come?

Gli alberi sono come poemi epici, iniziano come con un proemio e sembrano non dover finire mai. Ci passi davanti il primo giorno e un germoglio verde ti incuriosisce. Il secondo giorno e c’è ancora il germoglio: un poco più grande, ma non lo diresti mai. Il terzo giorno è più grande ancora, ma non te ne accorgi. Allora lasci perdere, rimandi alla settimana successiva. In effetti qualcosa ora si nota, il germoglio svetta dall’erba che ha attorno. Di pochissimo, ma svetta. Di albero però non ha nulla.

Noi umani pretendiamo tanto. Allora non ci facciamo vedere su quel prato se non due mesi dopo. Noi volevamo un albero, non uno stelo verde: un albero con rami, foglie, tane per animali, nidi, fiori e quant’altro. Apprezziamo lo sforzo ma grazie, no. Torneremo per vedere l’albero, se e quando ci sarà. Invece ti dimentichi del prato e vai verso il bosco vicino, dove gli alberi ci sono per davvero, dal primo giorno.

Capita poi che, mentre sei in macchina per lavoro, a un passo dall’essere vecchio, ti volti verso destra e scopri la dignità dell’albero che domina sul prato ai suoi piedi. È una vita in un istante. Rimetti gli occhi sulla strada e ti chiedi se nella tua vita ci siano fatti come alberi. Fatti dei quali l’inizio ti abbia annoiato e abbia smesso di seguire. Ci sono sicuramente delle persone così, più lente di te, chissà ora dove sono. Ti chiedi se sarebbe stato il caso di fermarti ad aspettarle. Pensi: probabilmente avrei potuto vivere delle belle storie, avrei accanto delle belle persone.

Non diventi triste, non ti arrabbi con te stesso. Non sono rimpianti: ma vedere dopo vent’anni un albero vero ti fa ammettere che qualcosa te la sei persa di sicuro. È che gli alberi vanno in alto così lenti – ti consoli. Eppure vanno in alto, e guarda quanto sono vivi. E ora, mentre prosegui per la tua veloce strada di lavoro, il prato gode della vista di un albero che diventa più vivo ogni giorno.

Dicevo: come procedere allora lungo una strada? Io direi: lentamente. Senza troppa paura dei bivi, senza troppa fiducia nei panorami. Come se tenessimo fra le dita la collana più preziosa del mondo e la potessimo guardare solo per una volta.

Penso ad una sedia, dalla quale si veda un albero e una strada. Guardandoli, è come se fossero incompleti: ci vuole del tempo a capire una strada, tutto il tempo di una camminata; un albero arriva al cielo lentamente, poi non scende più. I vecchi della mia terra dicono che il tempo si prende dal tempo.

Gli alberi si prendono il tempo del mondo, le strade il nostro.

E dopo tanto, acquistano un senso.

Giovanni Gusai